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La settimana scorsa ho analizzato partita per
partita i motivi matematici che hanno permesso al Galles di avere un ranking
Fifa migliore dell’Italia. Oggi lascio spazio a Rado Il Figo che confronta con dovizia di particolari i vari
ranking ufficiali per Nazionali per mostrare analogie e differenze nei vari
sistemi di classifica.
Premessa
Puntuali come una verifica fiscale giusto il giorno prima lo scadere del termine ultimo, ecco arrivare critiche e polemiche sul ranking FIFA quando questo esce dal guscio di mera curiosità statistica per indossare i panni più concreti d’indice unico di valore per la composizione delle fasce ai fini dei sorteggi per
Giudizi negativi, a dire
il vero, spesso minati dall’imperfetta
conoscenza dell’algoritmo di calcolo del ranking (qualcuno è tutt’ora
convinto che Blatter e soci, mese per mese, si siedano attorno un tavolo a
buttare giù cifre e coefficienti) e dall’atavico provincialismo nostrano per
cui qualsiasi classifica che non ponga sempre e comunque l’Italia al primo e
indiscusso posto, sia da tacciare come fallace e menzognera.
L’occasione è così utile
non tanto per spiegare il ranking FIFA quanto per metterlo a confronto con i suoi tre fratelli (più o meno)
ufficiali, e verificare quanto se ne discosta, unica via per sfatare o
confermare la nomea di bizzarria e inaffidabilità; non una gara per premiare la
classifica migliore (presumibilmente … quella assegnante la posizione più alta
all’Italia), piuttosto la scoperta di come il mondo del calcio valuti le
prestazioni delle nazionali nelle sue diversi latitudini.
È utile ricordare quanto
segue:
a) qualsiasi classifica,
dalla più soggettiva alla più ancorata ai nudi numeri, si basa esclusivamente su quanto ottenuto nel passato, non essendo
nessuno, al momento, in grado di prevedere il rendimento futuro delle squadre;
b) non esiste il “ranking perfetto”, in grado di soddisfare tutti e in
egual misura, poiché inevitabilmente nella sua costruzione ci si affida a
scelte personali, per loro stessa natura, opinabili;
c) sono possibili posizioni talmente “al limite” la cui
valutazione, qualunque essa sia, avrà sempre il sapore di “non corretta al
100%”. Esempio paradigmatico il Paraguay della Coppa America 2011: come
giudicare un torneo chiuso raggiungendo la finale per il titolo ma senza mai
vincere una gara (se non ai rigori)?
Linee comuni
Per ognuno dei 4 ranking sono ricordati brevemente i tratti essenziali prima di proporre la classifica derivante. Essendo il tutto mirato alla composizione delle fasce dei gironi eliminatori europei per Russia 2018 (9 da cinque o sei squadre), le nazionali sono contraddistinte da colori diversi, e precisamente:
a) oro per quelle di prima;
b) argento per quelle di seconda;
c) bronzo per quelle di terza;
d) verde per quelle di quarta;
e) azzurro per quelle di quinta;
f) viola per quelle di sesta.
Per ragioni di
completezza (e per vedere chi, eventualmente, si avvantaggia dalla loro
assenza), assieme alle 52 coinvolte direttamente nel sorteggio, sono inserite in bianco anche le 2 squadre escluse,
cioè la Russia, organizzatrice e
quindi esentata dalle eliminatorie, e
Gibilterra, non facente parte della FIFA e quindi non iscrivibile alla
Coppa del Mondo.
Esposta la classifica, si
punta infine lo sguardo sull’Italia, cercando di analizzare, dove possibile, il
suo piazzamento anche per verificare, dati alla mano, le tesi di Antonio Conte il quale, rinverdendo la tradizione dei
comandanti in capo, quando le cose vanno male, ha scaricato le colpe su truppa
e predecessori; in altre parole, individuare l’esatto contributo fornito dagli
(eventuali) diversi CT coinvolti.
Il ranking FIFA
Si parte dal più vituperato dei 4 pur essendo il più usato, giacché ormai tutte le confederazioni lo tengono in conto nei loro tornei, con l’unica eccezione totale rappresentata dall’UEFA.
Il coefficiente usato è, in linea di massima, la somma (ponderata per il fattore tempo) della media punti (corretti per i fattori valore dell’avversario,
confederazione delle due avversarie e importanza della partita) per gara degli ultimi quattro anni,
aggiornato mensilmente. Nell’ultima versione pubblicata, quindi, sono
considerate tutte le partite disputate da
agosto 2011 a
luglio 2015, purché ufficiali
(amichevoli o di torneo) e con due membri FIFA in campo, suddivise in quattro
periodi annuali, dal primo “agosto 2011-luglio 2012” al quarto “agosto
2014-luglio 2015” .
Assegnati i punti (variamente corretti) a ogni partita giocata nel singolo
periodo, si sommano e poi si dividono per il numero di gare disputate (ovvero 5
se maggiore), ottendo la media annuale da moltiplicare per un peso, variante da
0,2 a 1 a seconda del periodo, e poi
sommare alle altre così analogamente corrette, ottenendo il coefficiente
finale.
Essendo tutti i pesi di natura moltiplicativa, è
sufficiente che i punti iniziali siano pari a zero affinché la partita in
questione non attribuisca alcun bottino; in altre parole, le sconfitte comunque, dovunque e contro chiunque patite valgono sempre
0.
Gibilterra è posta ultima, anche se è formalmente
fuori classifica: infatti, non essendo membro FIFA ma solo UEFA, non è
presente nel ranking e chi l’ha incontrata non ha potuto utilizzare le gare
giocate contro di essa.
L’Italia è dodicesima, a 22 punti dall’ultima delle teste di serie,
grazie a un coefficiente di 1.001
che, per il gioco della ponderazione del fattore tempo, teso a favorire i
risultati più recenti, dipende per il 47%
da quanto ottenuto nell’ultimo periodo, corrispondente all’intera gestione
Conte. Tuttavia, guardando le medie pure, la
quarta è di poco superiore solo alla terza, riferita alla stagione 2013/14,
l’ultima di Prandelli, la cui seconda metà, una volta raggiunta la matematica
qualificazione ai Mondiali, fu costellati da risultati sempre più deludenti,
culminati con l’eliminazione ai gironi in Brasile, e senza scordare il peso
delle amichevoli (verso le quali il precedente mandato ebbe un’idiosincrasia
assoluta).
L’analisi non sarebbe
completa e corretta sottacendo un aspetto essenziale: in realtà nessuna delle medie di periodo è paragonabile alle altre,
poiché nell’ultima vi sono esclusivamente amichevoli e partite eliminatorie,
mentre nelle prime tre si contano gare di fasi finali di Europei, Mondiali e
pure di Confederations, più “pesanti” nel calcolo del coefficiente. Tuttavia,
dando uno sguardo alla graduatoria parziale riferita solo al quarto periodo,
dove tutte le nazionali sono a parità di condizioni, eccetto la Francia, Conte dovrebbe meditare più
sull’imbarazzante 18° posto conseguito, sopravanzato pure da albanesi e
nordirlandesi, che sbraitare per spostare l’attenzione versi altri bersagli.
Il ranking UEFA
Introdotto per Euro2012, dopo le critiche (in realtà del tutto inopportune e mal calibrate quando formulate) che avevano travolto la precedente versione nel torneo in Austria e Svizzera, e già stato sottoposto a una rivisitazione per Euro2016.
Anche qui, il coefficiente è, in prima
approssimazione, la somma (ponderata
per il fattore tempo) della media punti
(corretti per i fattori reti segnate, subite e importanza della partita) per gara degli ultimi tre tornei fra
Mondiali ed Europei, da aggiornare al termine delle qualificazioni, anche
se ora l’UEFA ha iniziato a farlo mensilmente, generando però classifiche
solitamente fuorvianti considerato il suo algoritmo. Nell’ultima rilasciata, quindi, sono considerate tutte le
partite disputate per Euro2012 e Brasile
2014, nonché quelle finora giocate per le
qualificazioni a Euro2016.
Assegnati i punti, con un’attribuzione diversa dalla reale (si
passa dai 10.000 per la sconfitta ai
40.000 per la vittoria), poi variamente corretti, a ogni partita giocata
nel singolo torneo, si sommano e poi si dividono per il numero di gare
disputate, ottendo il coefficiente di ciclo da moltiplicare per un peso,
variante da 1 a
2 a
seconda del torneo. Il coefficiente
finale è così il rapporto fra le somme di quelli di ciclo corretti e dei pesi
usati; se una nazionale non ha partecipato a qualcuno dei tre tornei
considerati, non le si assegna il coefficiente relativo, che quindi non entra
nemmeno nel finale.
Essendo qui tutti i pesi di natura aggiuntiva, tranne uno
sottrativo, solo il dato legato a quest’ultimo può portare la gara in esame ad
avere un apporto nullo o anche negativo. Tuttavia, gli ordini di grandezza sono
tali per cui l’eventualità, per quanto possibile, è altamente improbabile. Per
esempio, nei gironi eliminatori una
partita assegna 0 punti solo concludendosi con una sconfitta per 20-0.
Legenda. Fed.: federazione; C: coefficiente; N: coefficiente di ciclo, individuato dall’anno della
fase finale del torneo relativo (fra parentesi, il peso attribuito). Ogni
casella riporta il coefficiente di ciclo da moltiplicare per il peso relativo,
sommare agli altri così corretti e poi dividere per la somma dei pesi usati e
ottenere C.
Un accenno alle eccezioni per chi è esentato dalle
eliminatorie, altrimenti favorito dal dover conteggiare solo partite più
“pesanti”:
a) per la Francia, organizzatrice del torneo
ancora in corso dei tre considerati, si conta solo quanto ottenuto a Euro2012 e
Brasile 2014, esattamente come se non
fosse iscritta a Euro2016, il cui coefficiente sarà inserito alla sua
conclusione;
b) per Polonia e Ucraina, il coefficiente
Euro2012 da loro ospitato, è calcolato aggiungendovi una fittizia fase eliminatoria, individuata nella “più recente” nel momento in cui è pubblicato il ranking, vale a
dire le qualificazioni a Euro2016, per cui le partite da loro giocate per
cercare di raggiungere la fase finale in Francia, valgono letteralmente doppio, influendo i coefficienti del primo e
del terzo ciclo.
L’Italia balza avanti di cinque gradini, arrivando al
settimo posto, grazie a un coefficiente
di 32.698 dove, sempre per il gioco dei pesi teso a favorire i risultati
meno datati, il contributo maggiore (38%)
arriva dai Mondiali brasiliani, che per un pelo sopravanzano Euro 2016 (37%); chiude così Euro 2012 il quale, in
termini assoluti, è stato il ciclo migliore. Tuttavia, anche in questo
caso, è molto arduo porre sul medesimo
piano i tre coefficienti parziali; solo a citare le motivazioni principali:
a) da Brasile 2014 sono attribuiti nuovi parametri per l’importanza della gara,
senza efficacia retroattiva;
b) Euro 2016 deve ancora concludersi, non essendo nemmeno giunta al
termine la sua fase eliminatoria;
c) i tre tornei hanno formule diverse, per quanto le
ultime due con struttura identica.
In ogni, mettendo sotto
la lente esclusivamente l’ultimo coefficiente di ciclo, l’Italia di Conte rimane ancorata al 18° posto di periodo già
toccato nell’analoga visione parziale nel ranking FIFA: insomma, cambiando
classifica non varia il risultato.
Il ranking CAF
Per la recente fase finale della Coppa d’Africa, la CAF ha messo mano al suo ranking, rendendolo più elaborato rispetto alla sua prima, e finora confermata, versione. Ha però mantenuto intatta la sua impostazione di fondo, che lo differenzia dalle due classifiche esposte, basata non sulla media punti per gara ma sui piazzamenti ottenuti nei tornei, corretti pure qui dal fattore tempo.
Adattandolo al contesto
europeo e per il fine del sorteggio per le qualificazioni mondiali, il ranking
CAF abbraccia 7 fasi di 5 tornei; nel dettaglio:
a) le 3 ultime fasi finali del torneo per cui si svolge il sorteggio:
nel nostro caso, i Mondiali 2006, 2010 e 2014;
b) le ultime 4 fase eliminatorie giocate in assoluto: Mondiali 2010,
Euro 2012, Mondiali 2014 ed Euro 2016.
Sul piano strettamente
cronologico, spicca l’assenza di Euro
2008, dovuta per aver adattato al contesto UEFA il ranking CAF (gli Europei
hanno cadenza quadriennale mentre la Coppa d’Africa è biennale). Tuttavia,
anche “a regime”, 3 tornei entrano in
classifica “monchi”; se per Euro
2016 ciò è inevitabile (anzi, le diverse scadenze lo rendono “doppiamente
deficitario” non essendo, per l’appunto, nemmeno conclusesi le sue
qualificazioni), sfugge alla mia comprensione perché lo siano Germania 2006 (cui non si considerano
le qualificazioni) ed Euro 2012
(cui, al contrario, manca la fase finale). Non è però l’unica anomalia a
caratterizzare il ranking.
Passiamo ora alla valutazione
dei piazzamenti, le cui attribuzioni di punti sono immediate già dalla mera
lettura delle tabelle relative. Per le fasi
finali si segue la sottostante:
Legenda. R: piazzamento nella fase finale (n: n-esimo
posto, Q: eliminazione ai quarti di finale; O: eliminazione agli ottavi di
finale; Gn:
eliminazione alla fase a gruppi da n-esima
classificata); P: punti.
Una piccola annotazione: i 2,5 punti per gli ottavi sono una mia
invenzione, perché il ranking CAF considera solo le fasi finali della Coppa
d’Africa, dove tale turno non esiste. Proseguendo per le qualificazioni, la tabella di riferimento è la seguente:
Legenda. R: piazzamento nel gruppo eliminatorio (n: n-esimo
posto); P: punti.
Alcune necessarie spiegazioni: le attribuzioni sono le medesime a prescindere
dal numero di squadre che compongono i gironi eliminatori (i quali, nel
contesto temporale di riferimento, sono sempre stati a 5 o a 6), e tengono
conto solo del piazzamento lì ottenuto, senza distinguere se ciò sia valsa o no
la qualificazione e nemmeno considerando cosa sia avvenuto negli spareggi.
Infine, s’innesta un’altra anomalia, perché per il solo Euro 2012 si applica invece la sottostante tabella:
Legenda.
R: risultato ottenuto nelle qualificazioni (Q: qualificato alla fase finale: S:
eliminato agli spareggi; n: eliminato nel girone chiudendo all’n-esimo posto);
P: punti.
Per la prima riga,
quindi, e al contrario dell’attribuzione “normale”, non si fa differenza su
come ci si sia qualificati (da prima del girone ovvero come migliore seconda
ovvero agli spareggi).
Infine, il fattore moltiplicatore per il correttivo
temporale:
Legenda. R: fase del torneo (F: fase finale; Q:
fase di qualificazione); T: torneo (identificato dall’anno della fase finale).
I punti attribuiti per il piazzamento ottenuto nella fase del torneo considerata sono così moltiplicati per il fattore
temporale della corrispondente casella della tabella qui sopra, e poi sommati agli altri analogamente
corretti.
Il ranking CAF è così il
seguente:
Legenda. Fed.: federazione; P: coefficiente; NF: punti per il piazzamento nella fase finale del
torneo, individuato dall’anno della stessa fase finale (fra parentesi, il peso
attribuito); NQ: punti
per il piazzamento nella fase di qualificazione del torneo, individuato
dall’anno della fase finale (fra parentesi, il peso attribuito). Ogni casella
riporta i punti conseguiti nella fase da moltiplicare per il peso relativo,
sommare agli altri così corretti e ottenere così P.
Alcune osservazioni:
a) per le qualificazioni a Euro 2016 sono usati gli attuali piazzamenti,
per quanto non definitivi dovendo ancora concludersi;
b) in caso di parità di coefficiente, prevale chi ha
più punti per le eliminatorie di Euro 2016; persistendo la parità, si passa ai
punti della fase finale di Brasile 2014 ed, eventualmente, via scalando in
ordine cronologico inverso ma “saltando” a pie’ pari i punti delle eliminatorie
per Euro 2012 (ennesima anomalia);
c) Francia, Polonia e Ucraina sono penalizzate non potendo inserire
nel coefficiente le gare di qualificazione ai tornei da esse ospitati (che, in
effetti, non hanno giocato), non essendo previsto alcun correttivo per la loro
situazione.
L’Italia centra un lusinghiero quarto posto, per quanto staccatissima
dalle prime tre e a solo mezzo punto dal Portogallo quinto, piazzamento
giustificatissimo da tre fasi eliminatorie superate positivamente e da un
titolo mondiale nel carniere. Nei tornei considerati si sono succedute tre
gestioni: Lippi (le prime 3 fasi), Prandelli (le successive 3) e Conte
(l’ultima), il cui contributo nel coefficiente è del, rispettivamente, 32%, 47%
e 21%. Tuttavia, è facile intuire che già il solo complesso, e in molti
aspetti, bizzarro algoritmo di calcolo rende estemamente difficile, ancor più
rispetto agli altri ranking, confrontare efficacemente il lavoro dei 3 Ct
azzurri in quest’ottica.
Il ranking AFC
Di una banalità sconcertante, ma non per
questo non condivisibile, la ratio del ranking asiatico (a dire il
vero, sempre meno usato): perché disputare un Mondiale se poi non teniamo conto
dei suoi responsi? E, per l’appunto, la
classifica AFC è null’altro che la finale e completa dell’ultima Coppa FIFA
disputata in Brasile l’anno scorso.
Tolti i primi quattro posti, gli unici
assegnati con apposite finali, per i successivi ci si basa sul turno di eliminazione e, a parità di
questo, dei punti lì ottenuti e, occorrendo, proseguendo per differenza reti e
reti segnate. Pertanto, rispetto
alle classifiche come siamo abituati a vedere, a parità di turno di uscita di
scena, valgono i risultati lì conseguiti
e non fin lì conseguiti: un criterio che aiuta a superare l’empasse degli
organizzatori, esentati dalle eliminatorie (anche se nel caso concreto, si
tratta del Brasile, non europeo) pur potenzialmente aumentando i casi di parità,
specialmente nei turni a eliminazione diretta. L’unico neo è l’assenza, come discriminante, del numero
di gare giocate: se a parità di turno per la fase finale queste sono sempre
uguali, tale equivalenza si perde nelle eliminatorie.
La classifica AFC è la
seguente:
Legenda. Fed.: federazione; T: turno di
eliminazione ovvero posto conseguiti (n: n-esimo posto; Q: quarti di finale; O: ottavi di
finale; G: fase a gruppi; P: spareggi: E: gironi eliminatori); P: punti; D:
differenza reti; F: reti segnate.
Anche qui Gibilterra è fuori classifica (e
inserita d’ufficio all’ultimo posto) non avendo disputato l’ultima Coppa del
Mondo in quanto non iscritta (ancora) alla FIFA.
L’Italia scende al 10° posto, un risultato che potrebbe apparire per qualcuno fin troppo brillante per una spedizione
sudamericana terminata con un fallimento, a sentir le critiche maggioritarie;
tuttavia è bene ricordarsi che:
a) l’Italia ha comunque superato le qualificazioni, per cui in tutti i
casi sarebbe entrata nei primi 13 posti (cioè, al peggio in seconda fascia);
b) l’eliminazione al
primo scoglio della fase finale è stato
il destino per più di metà delle europee presenti in Brasile (mal comune,
mezzo guadio).
Dimenticavo: questa è l’unica classifica in cui Conte avrebbe
pieno titolo per scaricare ogni responsabilità su chi l’ha preceduto sulla
panchina azzurra.
Sguardo finale
Lo specchietto finale riporta le nazionali in termini di somma di piazzamenti (ricordati nelle corrispondenti caselle), e il colore della fascia “complessiva” è riportato dove compare la loro sigla.
Alcune osservazioni:
a) le uniche certezze assolute sono letteralmente in capo e in coda;
infatti, la Germania si conferma
prima in tutti i ranking, così come Gibilterra
ultima (per quanto, in realtà, “fuori classifica” in metà di essi). Tolti i due
estremi, seguono Andorra, che centra per 3 volte il 52° posto, e Croazia, a
metà fra ottava e nona piazza;
b) spostando lo sguardo sulla fascia, le conferme aumentano, ma non
eccessivamente, contandosene 14:
Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Croazia in prima; Bulgaria in quarta;
Lettonia, Cipro, Azerbaigian e Macedonia in quinta; Kazakistan, Liechtenstein, Malta, Andorra e San Marino in sesta; a ribadire la maggiore stabilità
in cima e in fondo;
c) chi è testa di serie in una classifica, lo è in almeno altre due, a
eccezione di Italia e Svizzera, con conferma limitata a una, e di Romania,
Grecia, Bosnia ed Erzegovina e Galles, per le quali la prima fascia è raggiunta
solo in un ranking;
d) per tutte, la fascia “complessiva” è confermata in
almeno un ranking;
e) le nazionali più “colorate” sono Bosnia ed Erzegovina, Grecia,
Galles, Slovenia, Irlanda del Nord, Moldavia e Fær Øer, che collezionano tre fasce diverse.
Tocchiamo, infine, lo
scopo di quest’analisi: quanto si
discosta il ranking FIFA dalle altre classifiche analoghe? Appare chiaro
essere impossibile e “ingenerosa” una verifica puntuale, posizione per
posizione, per cui concentriamoci,
nuovamente, sull’unica cosa che conta: la fascia in cui si è inseriti ai
fini del sorteggio, grazie all’ausilio di due tabelle.
Nella prima sono
riportate le “conferme”, espresse in
termini di ranking in cui la singola
federazione ricade nella medesima fascia espressa dalla classifica FIFA.
Legenda. F.: fascia; C: numero di ranking
riportante il medesimo verdetto del FIFA; T: totali.
Alla fin fine, il ranking FIFA non è così astruso come
lo si dipinge: sono 11 (il 21%) le
nazionali la cui fascia non è “replicata” da nessun’altra classifica,
concentrate in quelle “centrali” (7 in terza e quarta), mentre le squadre
“monocolori” sono 14 (il 27%), cifra destinata a salire a 31 (il 60%) “concedendo” una “verifica di maggioranza”.
La seconda tabella analizza più nel dettaglio le differenze,
riportando gli scostamenti di fascia,
migliorativi o peggiorativi, confrontando i responsi del ranking FIFA con
quelli di oguno degli altri tre. Per esempio: se nel ranking FIFA si finisce in
prima fascia e in quello UEFA in seconda, nella tabella si segna un “+1”, in
quanto la classifica FIFA ha emesso un giudizio (di un gradino) migliore
rispetto a quella europea.
Legenda. F.: fascia; D: differenza di fasce; T: totali.
Qui è più evidente come i verdetti del ranking FIFA siano
giudicabili in buona sintonia con gli altri: in 86 casi, la maggioranza (il 55%), si finisce nella medesima fascia
e, parallelamente, solo in 9 (il 6%) si
esce dall’intervallo accettabile di scostamento rappresentato dal cadere
nella fascia immediatamente superiore ovvero inferiore. Valutazione positiva
comunque non scevra da alcuni picchi di
eccezioni, da un lato e dall’altro: da una parte Grecia e Slovenia patiscono la retrocessione di due fasce
(rispettivamente, dalla prima AFC alla terza, e dalla seconda CAF alla quarta),
dall’altra il Galles è testa di serie
quando per la CAF e l’UEFA è tutt’al più in bassa terza fascia, e col picco
della quarta per la classifica AFC!
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