La scorsa settimana hanno fatto molto parlare le
dichiarazioni di Michel Platini in merito a un possibile “ammorbidimento”
delle regole relative al Fair Play Finanziario fin dalla prossima stagione.
Il Presidente dell’UEFA, pur dicendosi molto soddisfatto dei risultati ottenuti
coi vincoli attualmente in vigore, ha rivelato che nel corso della prossima
riunione del Comitato Esecutivo dell’UEFA (in programma il 29 e 30 giugno)
verranno presentate delle proposte di cambiamento discusse preliminarmente
nelle commissioni. Fino a questo momento rimane uno stretto riserbo su cosa
accadrà, ma ciò non toglie che possiamo già fare alcune riflessioni
ipotetiche prendendo come spunto due articoli.
Il primo è apparso nel mese di gennaio su Calcioefinanza.it
e rivelava alcune possibili variazioni nelle norme del Fair Play Finanziario
discusse in ambito UEFA con i club coinvolti:
Il secondo è un’intervista “riparatrice” realizzata da
Uefa.org allo stesso Michel Platini lo scorso giovedì, all’indomani
della pubblicazione delle notizie riguardanti l’argomento:
http://it.uefa.org/about-uefa/president/news/newsid=2249891.html#obiettivi+fair+play+finanziario+confermati
http://it.uefa.org/about-uefa/president/news/newsid=2249891.html#obiettivi+fair+play+finanziario+confermati
Parto da
questo secondo link per segnalare la risposta del Presidente UEFA alla domanda
che si pongono da giorni i tifosi dell’Inter e della Roma (oltre
a quelli delle squadre estere coinvolte in provvedimenti punitivi legati al FFP
negli ultimi due anni):
”Quali effetti avranno i regolamenti sugli accordi di patteggiamento esistenti?
”Quali effetti avranno i regolamenti sugli accordi di patteggiamento esistenti?
Michel Platini: “Gli accordi esistenti
rimarranno validi. Le restrizioni sportive e i contributi finanziari, dunque,
non verranno toccati".
Rimane da capire cosa ci dobbiamo aspettare per il futuro.
Provando ad interpretare le dichiarazioni di Platini, che sottolinea come sia
comunque un obiettivo importante e inderogabile mantenere l’impegno di
aiutare le società a essere finanziariamente solide e a non accumulare
pesanti passivi di bilancio ma che contemporaneamente apre a qualche
investimento in più rispetto a quanto consentito ora, la mia personale
opinione è che si vada in primo luogo ad agire sulla cifra massima di
sforamento del break-even triennale (45 milioni fino allo scorso anno, 30
da quest’anno al 2016/17, 5 dal 2017/18) e inoltre si valuti la prima proposta
rivelata cinque mesi fa da Calcio&Finanza, ovvero la possibilità per nuovi
investitori che acquistino la proprietà di una squadra di spendere di più
nei primi anni. Per il momento lascerei cadere le altre ipotesi fatte a gennaio
perché in realtà porterebbero dei vantaggi ad alcune squadre ma delle
restrizioni ad altre, quindi non sarebbero universalmente riconosciute come un
alleggerimento dei vincoli del Fair Play Finanziario.
Per quanto riguarda la soglia del “break-even triennale”, va detto che l’UEFA aveva già specificato nel 2012 che sarebbero state possibili variazioni dopo un primo periodo di monitoraggio. Quello che si può ipotizzare non è solo un semplice aumento della soglia (lasciandola magari a 30 milioni a triennio fissa) che alla lunga potrebbe creare problemi alle finanze dei club e non garantirebbe alle squadre di evitare perdite continue, ma magari un allungamento del periodo di osservazione creando un “break-even quadriennale o quinquennale” che permetta alle società con capitali a disposizione, e convinte di poter avere un ritorno nel medio periodo dagli investimenti fatti in una singola stagione, di spendere di più nei primi due anni di osservazione per poi mettersi in regola nella seconda parte del lasso di tempo considerato, evitando così di avere immediatamente il fiato sul collo dell’UEFA su un arco di tempo triennale talvolta troppo breve per ottenere risultati sportivi e finanziari soddisfacenti e senza che l’anno “dei grandi investimenti” pesi sul break-even del periodo precedente. Oppure ancora si potrebbe decidere di inserire nei regolamenti alcuni parametri che permettano a società con business plan particolarmente convincenti, per una o più stagioni, di spendere un extra budget senza obbligo di rientro negli anni successivi. In entrambi i casi l’UEFA elargirebbe delle specie di jolly da giocarsi una volta ogni tot anni in cambio di particolari garanzie di solidità economica.
Interessante, ma non priva di controindicazioni, anche la proposta evidenziata da Calcio&Finanza di permettere ai nuovi investitori soglie di spesa maggiori nei primi anni (si ipotizzano 50 milioni di deficit il primo anno, 40 nel secondo, 30 nel terzo, 20 nel quarto per poi adeguarsi ai break-even delle altre squadre nel lungo periodo, il tutto vincolato a particolari garanzie che certifichino la solidità economica del piano di investimento). Da una parte la cosa avrebbe estremamente senso: per come è oggi il regolamento è davvero difficile per una società di medio-basso livello fare un salto di qualità visto e considerato che spesso l’aumento dei ricavi va di pari passo con il miglioramento dei risultati sportivi e del numero di grandi giocatori acquistati, due obiettivi però difficilmente raggiungibili senza costosi investimenti iniziali. Dall’altra va sicuramente regolata con molta attenzione, per evitare che ci siano girandole di proprietari fittizi attorno a una società per garantire al club la possibilità di spendere più soldi ogni anno senza incorrere nei vincoli del FFP. Inoltre in questo caso sarà molto importante anche vedere cosa si intenderà per “ingresso di nuovi proprietari”: varrà solo per chi rileva il 51% di una società o si terrà conto anche di eventuali ingressi di soci di minoranza? Se si pensa all’attuale situazione del Milan è un particolare di enorme importanza e che potrebbe davvero fare la differenza sulle possibilità di rinascita dei rossoneri nel breve periodo. Per inciso, dato il regolamento attuale è utopia il desiderio di Berlusconi di vendere a qualcuno che investa 200 milioni l’anno sulla squadra, perché ciò non è permesso dal Fair Play Finanziario. I cinesi o chi per loro potrebbero investire quei soldi ogni anno per far crescere i ricavi tramite monumentali politiche di marketing, per fare lo stadio, per investimenti extra-calcio con ricadute positive sulle casse societarie, ma fino a oggi non potrebbero incidere così tanto sulla squadra se non garantendo al Milan più liquidità per fare operazioni di mercato costose ma che dovrebbero poi essere coperte a livello di Conto Economico da plusvalenze e tagli dei costi.
Un’ultima curiosità in merito a questa seconda ipotesi. Pallotta è diventato presidente della Roma nella stagione 2012/13 e si sta quindi avviando a concludere il suo terzo anno da proprietario. Fosse stato in vigore questo ipotetico cambio di regolamento i giallorossi non avrebbero subito punizioni per il Fair Play Finanziario e avrebbero avuto la possibilità il prossimo anno di spendere un po’ di più. Infatti per il biennio 2014/16 Pallotta avrebbe potuto chiudere con un deficit aggregato di 50 milioni invece dei 30 richiesti dall’accordo firmato a inizio maggio con l’UEFA. Per quanto riguarda l’Inter invece la situazione è diversa. Nel primo anno di gestione Thohir il passivo di bilancio dei nerazzurri è stato quasi il doppio di quello che sarebbe concesso ai nuovi investitori e quindi l’Inter avrebbe comunque subito restrizioni per i prossimi anni. Anzi, in realtà le punizioni decise dall’UEFA sono meno limitanti rispetto a quanto sarebbe richiesto dall’eventuale nuova proposta regolamentare: dato l’accordo di maggio all’Inter, che ha chiuso il 2013/14 con circa 90 milioni di perdita valide per il FFP, viene praticamente abbuonato il deficit del 2014/15 qualunque sia e viene richiesto che quello del 2015/16 sia inferiore ai 30 milioni e quello del 2016/17 sia 0. Quindi per il quadriennio 2013/17 all’Inter viene concesso di sforare per 120 milioni + il deficit del 2014/15, mentre l’eventuale nuovo regolamento prevederebbe per il primo quadriennio un investimento in perdita massimo possibile proprio di 120 milioni.
Non ci resta che attendere fine giugno per capire se le ipotesi fatte qui troveranno un seguito reale o se l’UEFA ha in serbo qualche ulteriore idea per mitigare il Fair Play Finanziario senza rinunciare agli obiettivi di risanamento e sostenibilità dei club.
Per quanto riguarda la soglia del “break-even triennale”, va detto che l’UEFA aveva già specificato nel 2012 che sarebbero state possibili variazioni dopo un primo periodo di monitoraggio. Quello che si può ipotizzare non è solo un semplice aumento della soglia (lasciandola magari a 30 milioni a triennio fissa) che alla lunga potrebbe creare problemi alle finanze dei club e non garantirebbe alle squadre di evitare perdite continue, ma magari un allungamento del periodo di osservazione creando un “break-even quadriennale o quinquennale” che permetta alle società con capitali a disposizione, e convinte di poter avere un ritorno nel medio periodo dagli investimenti fatti in una singola stagione, di spendere di più nei primi due anni di osservazione per poi mettersi in regola nella seconda parte del lasso di tempo considerato, evitando così di avere immediatamente il fiato sul collo dell’UEFA su un arco di tempo triennale talvolta troppo breve per ottenere risultati sportivi e finanziari soddisfacenti e senza che l’anno “dei grandi investimenti” pesi sul break-even del periodo precedente. Oppure ancora si potrebbe decidere di inserire nei regolamenti alcuni parametri che permettano a società con business plan particolarmente convincenti, per una o più stagioni, di spendere un extra budget senza obbligo di rientro negli anni successivi. In entrambi i casi l’UEFA elargirebbe delle specie di jolly da giocarsi una volta ogni tot anni in cambio di particolari garanzie di solidità economica.
Interessante, ma non priva di controindicazioni, anche la proposta evidenziata da Calcio&Finanza di permettere ai nuovi investitori soglie di spesa maggiori nei primi anni (si ipotizzano 50 milioni di deficit il primo anno, 40 nel secondo, 30 nel terzo, 20 nel quarto per poi adeguarsi ai break-even delle altre squadre nel lungo periodo, il tutto vincolato a particolari garanzie che certifichino la solidità economica del piano di investimento). Da una parte la cosa avrebbe estremamente senso: per come è oggi il regolamento è davvero difficile per una società di medio-basso livello fare un salto di qualità visto e considerato che spesso l’aumento dei ricavi va di pari passo con il miglioramento dei risultati sportivi e del numero di grandi giocatori acquistati, due obiettivi però difficilmente raggiungibili senza costosi investimenti iniziali. Dall’altra va sicuramente regolata con molta attenzione, per evitare che ci siano girandole di proprietari fittizi attorno a una società per garantire al club la possibilità di spendere più soldi ogni anno senza incorrere nei vincoli del FFP. Inoltre in questo caso sarà molto importante anche vedere cosa si intenderà per “ingresso di nuovi proprietari”: varrà solo per chi rileva il 51% di una società o si terrà conto anche di eventuali ingressi di soci di minoranza? Se si pensa all’attuale situazione del Milan è un particolare di enorme importanza e che potrebbe davvero fare la differenza sulle possibilità di rinascita dei rossoneri nel breve periodo. Per inciso, dato il regolamento attuale è utopia il desiderio di Berlusconi di vendere a qualcuno che investa 200 milioni l’anno sulla squadra, perché ciò non è permesso dal Fair Play Finanziario. I cinesi o chi per loro potrebbero investire quei soldi ogni anno per far crescere i ricavi tramite monumentali politiche di marketing, per fare lo stadio, per investimenti extra-calcio con ricadute positive sulle casse societarie, ma fino a oggi non potrebbero incidere così tanto sulla squadra se non garantendo al Milan più liquidità per fare operazioni di mercato costose ma che dovrebbero poi essere coperte a livello di Conto Economico da plusvalenze e tagli dei costi.
Un’ultima curiosità in merito a questa seconda ipotesi. Pallotta è diventato presidente della Roma nella stagione 2012/13 e si sta quindi avviando a concludere il suo terzo anno da proprietario. Fosse stato in vigore questo ipotetico cambio di regolamento i giallorossi non avrebbero subito punizioni per il Fair Play Finanziario e avrebbero avuto la possibilità il prossimo anno di spendere un po’ di più. Infatti per il biennio 2014/16 Pallotta avrebbe potuto chiudere con un deficit aggregato di 50 milioni invece dei 30 richiesti dall’accordo firmato a inizio maggio con l’UEFA. Per quanto riguarda l’Inter invece la situazione è diversa. Nel primo anno di gestione Thohir il passivo di bilancio dei nerazzurri è stato quasi il doppio di quello che sarebbe concesso ai nuovi investitori e quindi l’Inter avrebbe comunque subito restrizioni per i prossimi anni. Anzi, in realtà le punizioni decise dall’UEFA sono meno limitanti rispetto a quanto sarebbe richiesto dall’eventuale nuova proposta regolamentare: dato l’accordo di maggio all’Inter, che ha chiuso il 2013/14 con circa 90 milioni di perdita valide per il FFP, viene praticamente abbuonato il deficit del 2014/15 qualunque sia e viene richiesto che quello del 2015/16 sia inferiore ai 30 milioni e quello del 2016/17 sia 0. Quindi per il quadriennio 2013/17 all’Inter viene concesso di sforare per 120 milioni + il deficit del 2014/15, mentre l’eventuale nuovo regolamento prevederebbe per il primo quadriennio un investimento in perdita massimo possibile proprio di 120 milioni.
Non ci resta che attendere fine giugno per capire se le ipotesi fatte qui troveranno un seguito reale o se l’UEFA ha in serbo qualche ulteriore idea per mitigare il Fair Play Finanziario senza rinunciare agli obiettivi di risanamento e sostenibilità dei club.
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