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Settimo
appuntamento con la storia delle convocazioni della nazionale italiana in
questo secolo a cura di Rado
Il Figo.
Qualificazioni
Scenario
Il CT Lippi e il capitano Cannavaro, simboli dell’ultima spedizione azzurra, non si
nascondono assumendosi le proprie responsabilità del crollo e valutando
negativamente quanto combinato, tuttavia sono dichiarazioni autoassolutorie. Lippi si congeda com’era partito per
il Sudafrica, sostenendo di “non aver
lasciato a casa fenomeni”, spalleggiato da Cannavaro all’insegna del “dopo di noi, il diluvio”: il poco o
nulla raccolto è comunque il massimo possibile da quant’offerto in Italia. Per un pelo non sono clamorosamente
smentiti fin dall’immediatamente successivo Euro2012, comunque terminato
positivamente, salvo il fragoroso cedimento (in) finale.
Prandelli deve ricostruire dalle macerie e unanimemente non si esita a definire “miracoloso” anche solo staccare il biglietto per la Polonia e
l’Ucraina, dimenticandosi che Lippi si era comunque conquistato sul campo
il diritto di difendere il titolo mondiale. Per superare l’improbo compito, la
FIGC detta le linee guida: si volti pagina (solo metà dei
giocatori complessivamente impiegati per il 2010 è richiamata, chi più chi
meno, da Prandelli) e nessuna remora (ma
ve n’erano?) a convocare chi abbia genitori stranieri, pallida foglio di
fico cui nascondere dietro ai Balotelli ed El Shaarawy, il ritorno in auge di oriundi e naturalizzati (dopo l’ora
accantonato Camoranesi). Purtroppo se i più rappresentativi di questi si
rivelano in concreto Thiago Motta e
Osvaldo, avendo dato spazio pure ad Amauri e Paletta, si deve concludere
che se l’Italia “pura” produce poco, la qualità latita anche nei “surrogati”
raccattati.
Con tutti i timori descritti,
si affronta il Gruppo C eliminatorio perdendone di vista il reale peso:
l’Italia, testa di serie, vi affronta Serbia,
Irlanda del Nord, Slovenia, Estonia e Fær Øer, con qualificazione per le
prime, la miglior seconda e le vincenti degli spareggi fra le restanti 8. A
essere oggettivi, i pericoli si vedono solo
dai serbi, se non cadono vittime della tradizionale tendenza a sprecare il
proprio talento ovvero distratti da faccende più tragiche.
Sul campo le nuvole nere si diradano nell’intervallo dell’esordio in Estonia, al quale si arriva sotto 1-0: da quel momento, infatti, l’Italia parte in quarta, spedita e sicura, una squadra che (si) diverte inanellando risultati su risultati. Tolto il primo tempo baltico, gli unici grattacapi arrivano nell’andata a Genova contro la Serbia, ma attengono gli aspetti extra sportivi: la gara s’interrompe definitivamente al 6’ per le intemperanze dei tifosi ospiti, che costano alla loro nazionale il 3-0 a tavolino, fatale per le aspirazioni di qualificazione. L’Italia conquista il pass addirittura con due partite d’anticipo, stritolando ogni resistenza: a sorpresa, gli spareggi sono centrati dall’Estonia, che approfitta pienamente dei vari problemi delle due ex iugoslave. Capocannoniere e fra i grandi protagonisti proprio quel Cassano che Lippi e Cannavaro avevano elevato ad esempio di “non fenomeno” incapace di fare la differenza.
Quadro sinottico
Confermati i limiti
massimi nelle liste di gara, se ne introduce uno sulla numerazione, potendo utilizzare solo le cifre dall’1 al
23. Prandelli impiega 41 giocatori,
appena sotto il picco di 43 toccato da Donadoni (con due gare in più), comunque
sempre poco distante dalla moda di 39. Il sempre presente è Chiellini, mentre Cassano, l’altro 10 su 10 titolare, solo in 3 circostanze non è sostituito.
Il colmo della sfortuna tocca a Lazzari:
la sua unica presenza in lista è nella gara più corta della storia azzurra, i
ricordati 6 minuti di Italia-Serbia, riportata ugualmente nel quadro sinottico
come disputata, facendo valere di fatto le sole scelte iniziali del CT.
La lista “teorica” dei 23
è la seguente:
P (3): Buffon, Viviano, Sirigu
D (7): Chiellini, Bonucci, Cassani, Balzaretti, Maggio,
Criscito, Ranocchia
C (9): Pirlo, Montolivo, De Rossi, Marchisio, Aquilani,
Nocerino, Palombo, Mauri, Thiago Motta
A (4): Cassano, Rossi Giuseppe, Pazzini, Gilardino.
Sono evidenti i due
sbilanciamenti: tanti nomi a centrocampo,
dove vi sono i maggiori problemi di scelta (non a caso vi compare l’oriundo
Thiago Motta), pochissimi in attacco, appena
4, con Prandelli partito col tridente per poi attestarsi alle due punte, e Gilardino solo 1 volta impiegato
attivamente (!). Il reparto avanzato sembra, perciò, già bell’e convocato,
invece solo Cassano appare nella
lista definitiva.
Oltre a infortuni (Rossi) e scelte tecniche (Pazzini e Gilardino), qui entra in scena
un aspetto deleterio della gestione
Prandelli: l’inspiegabile paura di sbagliare, quel timore immotivato per
cui non può andare tutto bene fino alla fine, che porta a rinnegare quanto di
buono fatto finora. Un’ansia da (grande) palcoscenico dove le certezze
improvvisamente si tramutano in dubbi; prova ne sia il primato di “aranci” chiamati, ben 6 (Abate, Borini, Di Natale, Diamanti, Giaccherini, Ogbonna), e di “verdi”, che toccano la doppia
cifra (10), al lordo del peso di (altri) infortuni (Aquilani e Viviano) e di un secondo lato negativo del CT (ma non
esclusivamente suo) qui appena affiorato: una
punta d’ipocrisia. Prandelli rispolvera il “codice etico” di mataressiana memoria, salvo poi applicarlo a intermittenza, suscitando le
inevitabili polemiche: Bonucci e
Criscito sono egualmente (non) coinvolti nell’ennesimo scandalo scommesse
ma solo il secondo resta a casa, facendo meno rumore colpire un giocatore dello
Zenit che non uno della Juventus.
In conclusione, Prandelli
nella scelta dei convocati ha dato più
peso a quanto espresso dal campionato appena terminato rispetto a quanto offerto nelle eliminatorie: per tutti, si prenda Di Natale, “rispolverato” grazie al
titolo di capocannoniere indigeno di Serie A ma con nessuna presenza, nemmeno
in panchina, durante le qualificazioni.
Alla luce di quanto
esposto, non stupisce il crollo dei 3 indici dalla lista teorica alla reale,
arrivati ai minimi storici: l’IL scende
dallo 0,800 allo 0,544, l’IG dallo 0,861 allo 0,628 e l’IT dallo 0,909 allo
0,673. In termini immediati, mediamente in una gara eliminatoria, dei 23
convocati, 12,5 sono in lista, 8,6 giocano e 7,4 da titolari.
La formazione titolare
Il 4-3-3 proposto è usato da Prandelli solo nelle prime uscite; dopo uno sporadico 4-4-2, il CT si consolida
sul 4-3-1-2, con una mezza punta “estemporanea” quale Montolivo (dopo i primi esperimenti con Aquilani e Mauri). Poiché
fra gli 11 più “titolari” compaiono 5 difensori, è necessario ricorrere al 12°:
così a Maggio subentra Pazzini, creando
il tridente. Ancora una volta la formazione è “irreale”, dove solamente i 3
di centrocampo sono partiti contemporaneamente in 3 gare. Della spedizione
polacco-ucraino non fanno parte Cassani
e Pazzini, per scelte tecniche, e Rossi,
alle prese con il primo dei gravissimi infortuni che ne costellano la carriera.
Curiosamente gli indici sono quasi gli stessi del 2010:
l’IG è identico (0,718), l’IT aumenta di un millesimo (0,655) mentre è più
sostenuto l’incremento dell’IL (0,800).
Fase finale
Scenario
Spassosissima più del solito la stampa sportiva, interrogandosi sul futuro di Prandelli in caso
di fallimento a Euro 2012: in pratica, mettendo in dubbio la conferma per
Brasile 2014 dell’uomo che ha compiuto il “miracolo” di qualificarci in
Polonia/Ucraina. Tuttavia, l’avventura
parte non esattamente bene: il sorteggio dice male, consegnando l’Italia,
quale squadra di seconda fascia, al Gruppo
C con Spagna di prima e Croazia di terza; solo col “materasso” si è fortunati pescando l’Irlanda di Trapattoni, nettamente la più debole delle 16
finaliste.
I dubbi del CT si ripercuotono negativamente sulle prime due uscite: abiurato il 4-3-1-2 per un inedito 3-5-2,
più della qualità del gioco gravano i
risultati ottenuti, due 1-1 contro le avversarie più forti. Per la terza volta consecutiva agli
Europei, l’Italia arriva alla terza giornata a rischio “biscotto”, potendo il 2-2 fra Spagna e Croazia eliminare
gli Azzurri a prescindere dal risultato contro la già estromesse Irlanda. Prandelli cambia, stavolta
definitivamente, il modulo iniziale presentando
il 4-1-3-2 e l’Italia ingrana vincendo 2-0 e passando il turno grazie alla
vittoria delle Furie Rosse.
Quarti e semifinali sono l’acme del torneo italiano, eliminando nell’ordine Inghilterra (ai rigori ma dopo 120’ di predominio) e soprattutto Germania, giunta al penultimo gradino avendo vinto tuttr r e 14 le gare fin lì disputate (!!). Qui, purtroppo, l’Italia svanisce: in finale Prandelli è nuovamente preso d’assalto dalle sue paure, cui risponde ora in modo diametralmente opposto, con una conferma globale, estesa (ahimè!) anche a chi è in precarie condizioni fisiche, tipo Chiellini e Thiago Motta, con l’italo-brasiliano “paradigmatico”: entrato al 57’ come terzo e ultimo cambio, s’infortuna nel giro di qualche minuto lasciando l’Italia in 10. Ma l’intera squadra appare svuotata di energie, anche mentali, e il pesante 4-0 inflittoci da una spietata Spagna (vendetta per i sospetti di combine coi croati?) ne è amaro testimone, chiudendo nel modo peggiore un torneo nel complesso positivo, con tanto di Balotelli capocannoniere (in larghissima compagnia) e inserito nei 23 della rosa ideale della manifestazione assieme ad altri 3 azzurri (Buffon, De Rossi e Pirlo).
Quadro sinottico
Evidente il blocco granitico su cui poggia
Prandelli: in 10 saltano al massimo una gara mentre in 7 timbrano il cartellino
a ogni uscita. Di questi ultimi, Bonucci
e Balotelli una volta partono dalla panchina, mentre De Rossi e Cassano subiscono dei cambi (addirittura FantAntonio non
finisce mai una gara!), per cui i “sempre presenti” sono tre: accanto
all’immaginabile Buffon in porta,
troviamo i centrocampisti Marchisio e
Pirlo.
L’incetta di “aranci” e
“celesti” operata da Prandelli ha effetti
ridotti: nei 10 in testa al quadro sinottico, vi sono appena due non “blu”,
Balotelli e Di Natale, ma l’udinese
parte solo una volta titolare. Di fatto, oltre a SuperMario, è esclusivamente Barzagli a ritagliarsi spazi
importanti, con Abate che si divide
la fascia destra difensiva con Maggio,
Giaccherini accantonato quando si abbandona
il 3-5-2, e Diamanti e Giovinco
buoni solo a partita in corso, mentre De Sanctis (prevedibile dato il ruolo),
Borini e Ogbonna (un novello Matteo
Ferrari?) non vedono mai il campo.
La formazione titolare
Esattamente come nelle
eliminatorie, la formazione tipo deve utilizzare il 12° titolare per essere “credibile”, seppur ancora “irreale”,
non essendo Prandelli mai partito con 5 difensori: lo “scambio” Abate-Thiago Motta presenta un 4-1-3-2, effettivamente il
modulo più usato, che è sostanzialmente (con l’oriundo al posto di
Montolivo) lo schieramento contrapposto alla Germania, la partita italiana più
bella del torneo, dove Balzaretti è impiegato eccezionalmente a destra. La
presenza di Barzagli e Balotelli conferma come questi siano i 2 innesti
“celesti” meglio riuisciti.
Rispetto alle
eliminatorie, lo schema è più coperto, e se Barzagli e Balotelli hanno rilevato, rispettivamente, Cassani (con
qualche “rigiro” interno nel quartetto difensivo) e Pazzini, per “coprire”
Giuseppe Rossi si è ricorso a Marchisio,
mentre Montolivo perde il posto a favore di Thiago Motta.
Nonostante quanto detto
finora, i due indici si pongono a metà
strada con quelli visti finora: l’IG è 0,909 mentre l’IT è 0,833.
Appuntamento a lunedì 4 aprile per il prossimo
appuntamento dedicato ai mondiali di Brasile 2014.
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