giovedì 4 febbraio 2021

IL MONDIALE PER CLUB: STORIA REGOLAMENTARE E CURIOSITA'





Rado il Figo torna sulle pagine di "Calcio e Altri Elementi" per raccontarci regolamenti e curiosità del mondiale per club.

Premessa

Con la freschissima vittoria del Palmeiras nella Libertadores sui connazionali del Santos, si è completato il quadro del Mondiale per Club FIFA 2020, in scena in Qatar da questa settimana a causa dei ritardi dovuti all’emergenza covid-19 (vedi proprio la stessa competizione sudamericana). Il torneo, inaugurato nel 2000, è giunto solo al 18ª appuntamento, nonostante la cadenza annuale, per una lunga interruzione che pareva avergli precluso la continuazione all’indomani della prova inaugurale.

Quella formalmente già in svolgimento, è una delle ultime prove (se non proprio l’ultima) con la formula ormai consolidata, essendone già prevista una nuova per l’allargamento delle partecipanti a 24(!). L’occasione è pertanto buona per rivisitare la storia regolamentare del torneo e snocciolare qualche curiosità anche in fase di pronostico.

Gli albori e il subitaneo oblio

La FIFA fissa per gennaio 2000 la prima edizione del Campionato del Mondo dei Club, popolarmente noto come Mondiale per Club, ponendo fine a una lunga diatriba “di principio” che la contrappone a UEFA e CONMEBOL con la loro Coppa Europeo-Sudamericana, la cosiddetta Intercontinentale, competizione vista di traverso dalla massima autorità calcistica fin dalle origini, in quanto di fatto designava il miglior club del Mondo, quando l’attribuzione di titoli iridati è ruolo esclusivo della FIFA. Ecco quindi giungere il nuovo torneo, una fotocopia della Coppa delle Confederazioni, aperto alle squadre campioni continentali di tutte e 6 le confederazioni, e chi se l’aggiudica è ora laureato, anche di diritto, Campione del Mondo. Tuttavia, con decisione della stessa FIFA nel 2017, detto alloro sarà assegnato, retroattivamente, anche a tutti i precedenti vincitori proprio dell’Intercontinentale.

A organizzare il primo Mondiale è il Brasile (superando la concorrenza pure di Tahiti, a dar retta all’Annuario del Calcio Mondiale!) e la formula è identica a quella di Euro 1980: due gruppi da 4 squadre, formati da squadre di diversa provenienza continentale, con le prime classificate qualificate alla finale e le seconde a giocarsi il terzo posto. Per arrivare a quota 8 partecipanti, si aggregano il campione nazionale della federazione ospitante e il vincitore della Coppa Intercontinentale. Vi sono alcune bizzarrie sulle partecipanti: l’AFC si distingue colla doppia eccezione della sua rappresentante (la saudita Al Nassr), scelta per l’affermazione nella Super Coppa, di cui poi non è l’ultimo bensì il penultimo vincitore, qui accompagnandosi alla medesima preferenza accordata da CONMEBOL e nell’individuare il detentore dell’Intercontinentale (il Real Madrid trionfatore nel 1998 e non il Manchester United che l’ha conquistata nel 1999, presente in Brasile ma campione europeo in carica).

Fra agosto e luglio 2001 è posta la seconda edizione, di scena in Spagna, e le concorrenti salgono a 12, con due biglietti a confederazione, eccezion fatta per l’OFC, la cui seconda rappresentante è “sostituita” dal campione nazionale della federazione organizzatrice, la cui presenza è così confermata mentre il detentore dovrà sempre conquistare sul campo il diritto a difendere il titolo. Le 5 confederazioni interessate si muovono ancora diversamente nello stabilire la loro seconda squadra: AFC e CONMEBOL, in “ritardo” di un anno, come visto, scelgono il penultimo vincitore della propria competizione di riferimento (sempre Super Coppa per gli asiatici e Libertadores per i sudamericani); la CONCACAF per la finalista della sua Coppa dei Campioni; infine UEFA e CAF il vincitore del loro secondo torneo per importanza (Coppa UEFA per gli europei e delle Coppe per gli africani).

La formula prevede tre gruppi iniziali da 4 squadre di diversa provenienza continentale, con passaggio alle semifinali delle prime e della migliore seconda, cui seguono le consuete finali per il titolo e il terzo posto. Curiosamente, gli abbinamenti per le semifinali sono fissi, a prescindere da dove esca la migliore seconda, destinata a giocare sempre contro la prima del Gruppo C. Purtroppo, per varie ragioni, principalmente il fallimento del gestore dei diritti commerciali per conto della FIFA, il torneo è dapprima sospeso, poi riprogrammato per il 2003 ed infine definitivamente annullato; insomma, appena nato, il Mondiale per Club entra all’oblio generale.

La rinascita del 2005

I giapponesi si rivelano impareggiabili a ridare linfa a competizioni calcistiche in declino, fra l’altro sempre adottando la medesima soluzione: spostarle nei campi di casa dietro robusta sponsorizzazione, come avvenne per l’Intercontinentale, destinata a scomparire per la riluttanza delle compagini europee a subire il gioco spesso gratuitamente e volutamente violento delle sudamericane. La federazione del Sol Levante ripristina così il Mondiale per Club, di fatto rinato incorporando proprio la Coppa Europeo/Sudamericana: prova ne sia il nuovo trofeo in palio, la Coppa Toyota (ricorda qualcosa?).

La formula è snellita, sia nelle partite, adottando l’integrale eliminazione diretta, sia nelle partecipanti, limitate ai 6 campioni continentali in carica e senza più spazio a scelte diverse (vedi Super Coppa AFC), con la sostanziale eccezione della CONMEBOL, per la quale è designata la migliore sudamericana piazzatasi nell’ultima Libertadores, essendo questa aperta (fino al 2017) anche a formazioni messicane.

Il torneo parte dai quarti di finale “dimezzati” e prosegue con semifinali e finali, le quali sono tre, aggiungendosi quella per il quinto posto, diventando l’unica manifestazione calcistica ad assegnare tutti i piazzamenti tramite apposita partita. Come logico attendersi, il tabellone è predisposto affinché la finale per il titolo riproponga quella dell’abrogata Intercontinentale: europea e sudamericana iniziano direttamente dalle semifinali e devono affrontarvi un’avversaria proveniente dai quarti.

Segnalo due sviste regolamentari: pur essendo stato abolito il golden goal, i rigori sono previsti solo quando i supplementari finiscono senza segnature; inoltre, incomprensibilmente, è nella finale per il 3° (e non per il 5°) posto che si va direttamente ai tiri dal dischetto in caso di parità al 90’. Ancora più incredibilmente, nel 2006 si correggerà solo la prima, ma fortunatamente il campo evita di dar spago a possibili controversie interpretative.

Il 2006 segna pure un rapido cambio “denominativo”: trofeo (pur essendo il medesimo e con la Toyota che continua la sponsorizzazione) e l’intero torneo sono ribattezzati Coppa del Mondo dei Club, mentre nel 2007 si gettano le basi del volto “definitivo” della stessa. Infatti, riappare fra le partecipanti il campione nazionale della federazione organizzatrice, che gioca, contro la rappresentante OFC, la “partita d’apertura” (come chiamata nel regolamento), un autentico “spareggio per i quarti di finale” (come chiamato in tutte gli altri documenti ufficiali), poiché per le altre 5 concorrenti il turno d’ingresso rimane immutato. Inoltre sparisce il sorteggio per gli abbinamenti di quarti e semifinali, essendo tutti stabiliti a tavolino, dove la sudamericana incrocia i ferri in semifinale contro la vincente del quarto fra africana e rappresentante CONCACAF, mentre l’europea deve vedersela con chi ha prevalso nel quarto fra asiatica e vincente dello spareggio. Infine è stralciata la finale per il quinto posto, per cui diventa “indirettamente” più ragionevole l’assenza di supplementari in quella per il terzo.

La squadra aggiuntiva impone un’accortezza non avvertita nelle edizioni apripista, dove convissero due brasiliane nella prima e due spagnole nella seconda: le partecipanti devono appartenere a 6 confederazioni e a 7 federazioni diverse. Pertanto, mutuando la soluzione di una messicana a imporsi nella Libertadores, se il campione continentale appartiene alla stessa federazione organizzatrice, il campione nazionale di questa è sostituito dalla meglio piazzata nel torneo continentale di diversa provenienza.

Il volto definitivo del 2008

L’edizione del 2008 fissa la struttura confermata fino ad oggi, colla riapparizione della finale del quinto posto e il ricorso direttamente ai rigori in caso di pareggio al 90’ esclusivamente nelle due finali in cui non si assegna il titolo. Le deviazioni dall’impianto così consolidato sono marginali: in primo luogo, cambia l’organizzatore, da sempre il Giappone, fatta l’eccezione brasiliana per l’edizione inaugurale, che si vede sostituire dagli Emirati Arabi Uniti nel 2009, 2010, 2017 e 2018, dal Marocco nel 2013 e 2014 e dal Qatar nel 2019 e 2020 (leggasi 2021).

In secondo luogo, il sorteggio per collocare nei quarti le rappresentanti di CAF, AFC e CONCACAF riappare nel 2009, mentre dal 2011 al 2016 è la sudamericana ad affrontare in semifinale chi ha vinto il quarto dov’è scesa in campo la vincente della partita d’apertura, fatta salva la parentesi del 2014 dove gli accoppiamenti dei quarti diventano tutti scelti dal caso, regola divenuta fissa dal 2017.

Infine, dal 2016 “partita d’apertura” e “quarti di finale” diventano, più coerentemente, rispettivamente “primo turno” e “secondo turno”. A titolo puramente accademico, ricordo che dal 2019 i supplementari nelle finali per il terzo e il quinto posto si giocano solo se fossero l’unica partita in programma in quel determinato giorno.

Curiosità varie

Finora il Mondiale ha visto 66 squadre partecipare, di cui 23 asiatiche (considerando le australiane sempre tali), 15 sudamericane, 9 africane e della CONCACAF, 8 europee e 5 oceaniche, mentre le federazioni maggiormente rappresentate sono Messico e Brasile, con 8 diversi club a testa, cui si contrappongono Germania, Algeria, Congo Democratico, Egitto, Sudafrica, Cina, Iran, Nuova Caledonia, Papua-Nuova Guinea, Costa Rica, Colombia ed Ecuador, fermi alla solitari a rappresentanza.

La neozelandese Auckland City è il “cliente abituale” del torneo, grazie alle sue 10 apparizioni (anche se la corrente è solo sulla carta, avendo rinunciato per le restrizioni sanitarie), il doppio di Real Madrid e dell’egiziana Al Ahly che la seguono a 5. Gli spagnoli si consolano primeggiando nelle edizioni vinte, 4, davanti agli eterni rivali del Barcellona a quota 3, ai brasiliani del Corinthinans a 2 e a 7 altre formazioni, fra cui Inter e Milan, a 1. Come ruolino, nerazzurri, rossoneri e Bayern Monaco hanno vinto tutte le partite giocate, per quanto appena due, con l’Inter a primeggiare non avendo subito reti a fronte delle 6 segnate, contro le 5 dei bavaresi e del globale 5-2 dei “cugini”, i quali, però, sono gli unici ad aver giocato contro una sudamericana (Boca Juniors), al contrario delle altre due.

Sempre all’Inter spetta la vetta dell’attacco-mitraglia, con 3 reti mediamente segnate a partita, precedendo di stretta misura il Barcellona fermo a 2,760 (23 in 7 partite, di cui una con l’appendice dei supplementari). Poi, come intuibile, i nerazzurri capeggiano assieme al Bayern come difesa letteralmente imperforabile, con porta inviolata in 180’ complessivi giocati.

Infine, il Barça è la compagine regina nelle goleade, avendo firmato metà delle 6 affermazioni con 4 reti di scarto nella storia: 4-0 nella semifinale 2006 ai messicani dell’América, e doppio “bis” nel 2011 prima ai qatarini dell’Al-Sadd e poi ai brasiliani del Santos. Al-Sadd che, di contro, è il più portato ai rovesci primato, con due sconfitte record, accoppiando al citato 4-0 contro i blaugrana, il 6-2 subito dai tunisini dell’Espérance Sportive nella finale per il 5° posto 2018.

Pronostici

Anche senza conoscere il nome delle partecipanti, la storia del torneo indirizza verso un pronostico tanto facile da rendere arduo il compito degli allibratori a quotarlo. La tabella sottostante riporta la classifica “olimpica” per confederazione, dove prevale chi ha conquistato più volte il primo posto e, in caso di parità, il secondo, il terzo e via a scendere.

Legenda. C: Confederazione (AF: CAF; AS: AFC; EU: UEFA, NA: CONCACAF; OC: OFC; SA: CONMEBOL) ovvero organizzatore (OR) o ospite (OS); P: posto.

Le due confederazioni “speciali” di organizzatore e ospite (leggasi il Real Madrid nel 2000) servono a meglio distinguere le diverse posizioni. È abbastanza lampante che il torneo sia dominato dalle compagini europee con 12 successi in 16 edizioni (è esclusa quella saltata del 2001), il 75%, le quali sono anche sempre giunte in finale tranne nell’edizione inaugurale, dove i Red Devils (che pure rinunciarono alla FA Cup per prendervi parte) non superarono nemmeno il girone iniziale. Segue, staccatissima, la CONMEBOL, cui sono andate 3 delle vittorie restanti, tutte di marca brasiliana, che però in 4 circostanze ha visto la sua rappresentante eliminata in semifinale. Infatti, tolti i colossi calcistici tradizionali, le migliori prestazioni arrivano dagli organizzatori, cui va l’ultima affermazione, in realtà la prima in assoluto, capaci quindi di conquistare l’argento in 3 casi.

I dati sui padroni di casa devono però essere analizzati nel dettaglio: il loro unico successo è targato Corinthians, perfettamente rientrante nella strada di vittorie o europee (predominanti) o brasiliane; tuttavia le finali perse hanno visto protagoniste una squadra CAF (Raja, battuta dal Bayern nel 2013)  e due dell’AFC (Antlers, nel 2016, e Al Ain, nel 2018, entrambi sconfitti dal Real, e il primo addirittura ai supplementari). Risultati questi straordinari: infatti, il campione africano solitamente si blocca al primo ostacolo (9 volte su 16), pur avendo centrato la finale del 2010 (Tout Puissant, meglio noto come Mazembe), mentre l’asiatico mai è andato oltre il terzo posto. Anzi, a ben guardare, il rendimento degli organizzatori pare sfuggire a ogni previsione, avendo toccato tutti i piazzamenti possibili (tranne l’ottavo, tranquillamente trascurabile essendo legato alla sola prima edizione), con lievissime differenze fra l’uno e l’altro.

La seconda tabella riassume, sempre per confederazione e… derivati, l’andamento cronologico del torneo: le caselle hanno diversi colori a seconda della provenienza di chi si è piazzato nella posizione (P) della riga nell’edizione della colonna (E), usando quelli ufficiali FIFA (verde per AFC, grigio per CAF, cremisi per CONCACAF, giallo per CONMEBOL, arancio per OFC, azzurro per UEFA, con organizzatori bianchi e ospite in blu); le caselle a righe servono a far capire la provenienza di organizzatori e ospite.


Mondiale cronologica
cciante: dopo una primissima fase con le sudamericane, o meglio le brasiliane, a spadroneggiare, dal 2007 il Mondiale è divenuto un monopolio europeo, tanto che solo il Chelsea nel 2012 è riuscito a farselo sfuggire, a vantaggio del Corinthians.

La seguente tabella aiuta per il giochino dei pronostici: ogni casella riporta il rapporta i passaggi di turno ovvero le vittorie in qualsiasi finale, comunque conseguiti (al 90’, al 120’ o ai rigori) sul totale dei confronti della squadra della riga contro l’avversaria della colonna. Sono pure compresi i risultati dei due gironi della prima edizione, contando le vittorie con i pareggi come mezzo successo.

Usando detti precedenti per le sfide previste nell’attuale tabellone, qui di seguito sono indicate le percentuali “storiche” attese dai risultati del passato in termini di piazzamento finale.

La sorte ha regalato un curioso responso: infatti, europea e sudamericana incontreranno in semifinale esclusivamente avversarie sempre battute nelle edizioni precedenti (l’organizzatore ovvero l’oceanica  ovvero l’africana per la prima, e l’asiatica ovvero la rappresentante CONCACAF per la seconda), e ciò spiega sia perché primo e secondo posto rimane affare esclusivamente loro, sia una percentuale di vittoria europea inferiore a quella di affermazioni nel torneo, dovendo affrontare in finale l’avversaria più ostica (pur vantando una percentuale doppia di vittoria).

Sintetizzando, la classifica finale completa più probabile facendo valere i risultati storici per provenienza del club, vede Bayern Monavo primo, Palmeiras secondo, Tigres terze, Al Duhail quarto, Ulsan Hyundai quinto, Al Ahly sesto ed Aucklkand City settima (quest’ultima già certa del piazzamento, causa la succitata rinuncia forzata)


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